Come accettare il proprio malessere psicologico in 3 modi.

3 motivi per cui non riusciamo ad accettare di stare male o di avere un problema psicologico
Dr. Matteo Lupi
Psicologo a Prato/Firenze/On-line

Stare male non è piacevole, per nessuno. È un’ovvietà. Ed è parte della nostra natura più profonda voler attenuare le nostre sofferenze. Ma spesso, a questa predisposizione naturale e sana per la quale si vuole uscire dalla propria condizione di malessere, si aggiunge il rifiuto di stare male, la difficoltà ad accettare il proprio malessere in quanto tale, nel momento in cui lo si vive; si vorrebbe impazientemente stare bene, da un momento all’altro; si vorrebbe avere una bacchetta magica che cancelli tutti i nostri problemi e difficoltà. 

Ma questo atteggiamento di rifiuto e di impazienza verso il proprio malessere o il proprio problema, rende più difficile poterlo superare; delle volte rende addirittura impossibile trovare una soluzione. Infatti, è solo sapendo accoglierlo ed accettarlo il più possibile che possiamo superarlo. Perché se lo accettiamo possiamo comprenderlo, e se lo comprendiamo possiamo capire come superarlo trovando delle soluzioni efficaci. 

Ma perché fatichiamo così tanto ad accettare il nostro malessere o i nostri problemi psicologici? 

Qui voglio descriverti tre motivi che più di altri rendono difficile accettare il nostro malessere personale o i nostri problemi; motivi che ci possono portare invece a lamentarci, rendendoci più faticoso trovare delle soluzioni. Questi motivi sono: il pregiudizio verso il nostro malessere psicologico, l’impossibilità di un confronto autentico con gli altri ed il desiderio di essere sempre performanti.

1. Il pregiudizio verso il malessere psicologico

Nella nostra società è ancora molto diffuso un certo pregiudizio verso chi non sta bene o ha un problema psicologico, a prescindere da quale sia la sua gravità. Un pregiudizio che potrebbe portarci a giudicare noi stessi quando stiamo male, rendendoci difficile accettare il nostro malessere. 

“Chi soffre è debole o stupido, perché se fosse forte, volenteroso ed intelligente non starebbe male. Le persone forti ed intelligenti non stanno male, e se stessero male sarebbero capaci di trovare autonomamente e velocemente delle soluzioni per stare bene, soprattutto se stiamo parlando di una persona adulta!

Quindi, chi sta male ed ha bisogno di aiuto ha qualcosa in meno di chi, invece, sta bene o sa cavarsela da solo”.

Ma non è per niente vero! La sofferenza psicologica non dipende tanto da quanto una persona è intelligente, volenterosa, adulta o forte!

Infatti, la sofferenza psicologica (ansia, attacchi di panico, umore depresso, depressione, aggressività, violenza, ossessioni, disturbi alimentari, disturbi di personalità, psicosi, problemi o disfunzioni sessuali…) dipende sempre da fattori emotivi inconsci che hanno a che vedere con la complessa storia di vita di una persona e con le situazioni di vita che sta attualmente affrontando.

E quando si dice “ fattori emotivi inconsci” vuol dire che la sofferenza psicologica dipende da aspetti che la persona non conosce di sé e che pertanto sono al di fuori dal suo controllo! Almeno finché -attraverso un aiuto professionale e con il tempo che le serve- non capirà come modificarli per stare meglio. 

Chi vive una condizione di malessere, sia che si esprima attraverso attacchi di panico, ansia o un umore depresso (per citare le forme più diffuse in cui si esprime il nostro malessere), non è stupido, debole, pazzo o uno sfigato, ma è una persona che si è trovata in situazioni complicate che hanno o stanno ancora avendo un impatto negativo sulla percezione che ha di sè e del mondo in cui vive;  è una persona che ora ha bisogno del suo tempo, del suo spazio -e forse di un’aiuto professionale– per capire come uscire dalla propria condizione e trovare un nuovo equilibrio in cui sentirsi meglio con se stesso e con il mondo circostante.

Pertanto il malessere psicologico non è da deboli, ma da persone che si trovano in difficoltà e che potrebbero avere bisogno di un aiuto.

Quindi, il pregiudizio che considera “debole” la persona che sta male, molto spesso ci impedisce di accogliere ed accettare il nostro stesso malessere o il nostro problema personale, portandoci invece a giudicarci e a lamentarci.

Ma, proprio per il fatto che il malessere non ha a che vedere con la debolezza, anziché giudicarci, lamentarci e colpevolizzarci (o colpevolizzare gli altri) dovremmo essere invece più gentili verso noi stessi e cominciare a muoverci per trovare soluzioni efficaci

2. L’impossibilità di un confronto autentico con gli altri

Se noi vivessimo in un mondo in cui potessimo vedere davvero la vita delle persone -oltre a quello che mostrano- probabilmente saremmo molto più pazienti e gentili con noi stessi e con le nostre difficoltà.

Siamo in un mondo in cui molti si presentano -anche e soprattutto sui social- per quello che non sono: felici e con vite “invidiabili”. Molti cercano spesso di presentare la versione “migliore” di sé o una versione storpiata, falsa, inautentica di sé: una versione in cui vengono nascoste o eliminate -“tagliate”, nei reel- tutte quelle “brutture” che riguardano tutti noi.

Si mostrano spesso i successi, i momenti più belli (le vacanze, le lauree), i momenti di celebrazione, il profilo migliore del proprio volto,  ma si mettono in secondo piano o nascondono i propri fallimenti, le fatiche, i problemi, le difficoltà, i dolori e quello che ci piace meno di noi  stessi. 

Ma attenzione, non sto biasimando questi comportamenti, perché tutti noi abbiamo una tendenza a nascondere i nostri problemi, le nostre difficoltà e i nostri dolori o quello che temiamo non possa piacere. Tante volte è una questione di dignità e di consapevolezza del fatto che solo alcune persone meritano la nostra fiducia e la nostra confidenza. 

Tuttavia, il fatto di avere una ridotta possibilità di vedere ciò che sta davvero dietro la vita degli altri -che ci mostrano spesso versioni radiose di se stessi- può farci credere che la nostra condizione di vita sia peggiore della loro o addirittura drammatica, senza averne nessuna prova. 

Pertanto, il fatto che molte volte non abbiamo la possibilità di confrontarci in modo autentico con gli altri, potrebbe darci la sensazione di essere “gli unici” o di essere tra “quei pochi” che hanno certe difficoltà. E questo potrebbe renderci difficile accettare il nostro malessere psicologico, facendoci credere di essere, in confronto a molti altri, degli sfigati o dei falliti.

Pertanto, se noi vivessimo in un mondo in cui potessimo vedere davvero la vita delle persone -oltre a quello che mostrano- probabilmente saremmo molto più pazienti con noi stessi, eviteremmo confronti inutili ed illusori e ci concentreremmo di più nel cercare soluzioni concrete al nostro malessere psicologico, ai nostri problemi e alle nostre mancanze. 

3. Essere sempre performanti

Forse non lo sai, ma noi viviamo in una società che viene chiamata La società della performance. In questo tipo di società, il valore delle persone viene spesso misurato soprattutto in funzione del risultato che ottengono e in funzione delle tempistiche con cui lo raggiungono. 

In una società del genere, il malessere diventa un nemico da combattere, perché viene percepito come un fattore che ci rende meno performanti. Pertanto, i nostri problemi ed il nostro malessere psicologico, non vengono visti per quello che sono (fenomeni della vita che richiedono attenzione e comprensione), ma come un ostacolo al successo

Questa impostazione ci rende decisamente impazienti di fronte alla necessità di fermarsi e di darsi il tempo di riposare, di rigenerarsi e di “fare i conti” -nell’eventualità- con il nostro malessere psicologico, che spesso viene visto come un ostacolo e non come un’esperienza dotata di senso che necessita di essere compresa ed elaborata per poter “ripartire” con maggiore consapevolezza e maggiori risorse personali. 

Pertanto, spesso, in un mondo come questo, stare male ed avere bisogno di fermarsi per comprendere  quello che succede non è permesso. Perché se ti fermi puoi perdere “grandi occasioni” o “rimanere indietro” ed essere un “fallito”, contrariamente a coloro che “hanno sempre voglia di fare” e che “ottengono, per questo, molto di più nella vita”. 

Ma la vita è un processo in cui vengono anche vissuti dolori e ferite che richiedono cura; la vita, spesso, richiede attenzione, comprensione e cura. La vita, spesso, richiede di sapersi fermare. 

Sapersi fermare e chiedere aiuto quando serve

Soprattutto per i suddetti motivi, ci sono persone che vivono drammi interiori, di coppia, famigliari, ma non lo mostrano o addirittura lo negano, anche a se stesse. Deve sempre andare tutto bene (quando invece sta andando tutto male!). Oppure, si deve cercare di fare andare tutto bene, sforzandosi, quando invece non ce la si fa. 

Ma stare male porta sempre con sé un messaggio: “fermati…fermati, hai bisogno di fermarti e prenderti cura di te”. 

Il malessere psicologico, in ogni sua forma e gravità, è sempre il segnale che dobbiamo fermarci, sederci e cercare di capire cosa sta accadendo. Il più delle volte la situazione non è così drammatica come si pensa.

E con questo non voglio dire che che non ci si trovi in una situazione di reale sofferenza, ma che spesso non è così problematica come si potrebbe credere. Altre volte, invece, potrebbe essere più difficile o molto difficile ma, in ogni caso, si può sempre fare qualcosa per stare meglio: perché quanto più si lavora bene per affrontare le proprie difficoltà e i propri problemi, tanto più si ottengono buoni risultati! A prescindere dalla condizione in cui ci si trova. 

Però, molte persone, finché sentono di poter tirare avanti la “carretta” da soli, non chiedono aiuto. Poi, però, arrivano al tracollo. 

Ma perché non fermarsi prima e chiedere subito aiuto? 

Dr. Matteo Lupi
Psicologo a Prato/Firenze/On-line

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